Maglia azzurra Italia 110 anni

La maglia azzurra nei suoi 110 anni di storia: tutte le divise dell’Italia

Il 6 Gennaio ricorre l’anniversario della prima partita giocata dalla nazionale italiana con la maglia azzurra: l’amichevole Italia-Ungheria, disputata a Milano nel 1911. Fino ad allora la nazionale aveva giocato in bianco, non si sa bene se per motivi di convenienza economica o per omaggio alla squadra più forte dell’epoca: la Pro Vercelli.

Dagli albori al secondo dopoguerra

Si optò per l’azzurro in onore del colore dello stendardo della famiglia Reale dei Savoia, il cui stemma rosso con croce bianca campeggiava sul cuore. La maglia era molto semplice, con colletto a polo, calzoncini bianchi e calzettoni neri.

Durante il ventennio fascista allo stemma Sabaudo sul petto vennero aggiunti corona e fascio littorio. Il colletto a polo lascia il posto ad un più semplice scollo a V, che caratterizza le maglie degli azzurri nella conquista di due titoli mondiali nel 1934 e nel 1938 e di un oro olimpico nel 1936 sotto la guida di Vittorio Pozzo. Nello stesso periodo, l’Italia utilizzò anche delle divise completamente nere, un chiaro riferimento al regime.

Nel dopoguerra il tricolore italiano rimpiazza lo stemma sabaudo sul petto delle maglie azzurre. Vengono dapprima utilizzate maglie con la particolarità del colletto con i laccetti, sostituito in seguito da un più semplice girocollo. È l’epoca della nazionale formata nella quasi totalità dai giocatori del Grande Torino.

Gli anni ’50, ’60 e la storica maglia del 1970

Poche novità negli anni ’50, tranne un nuovo cambiamento nel tricolore sul petto. Al semplice scudetto viene aggiunto nella parte superiore un riquadro azzurro e successivamente nero con la scritta Italia dorata.

Per i Mondiali del 1962 in Cile, la maglia a girocollo viene sostituita da una vera e propria polo, con la quale gli azzurri non riuscirono a superare il girone eliminatorio a causa della sconfitta per 2-0 contro la nazionale padrona di casa. La partita fu poi soprannominata Batalla de Santiago. Emblematica la foto dell’italiano Ferrini espulso al 7° minuto, accompagnato fuori dal campo dagli agenti di polizia cileni.

mondiali del 1966 rimasero famosi per la clamorosa sconfitta contro la Corea del Nord che comportò l’eliminazione della nostra nazionale. Furono utilizzate due versioni della maglia azzurra: una con colletto a V, l’altra a girocollo. La differenza probabilmente era collegata alle maniche della maglia: scollo V per quella a maniche corte, girocollo per quella a maniche lunghe. Una particolarità che verrà riproposta dalla Kappa nel 1999.

La maglia dell'Italia ai Mondiali 1966

I calzoncini neri utilizzati contro Unione Sovietica e Corea del Nord non erano abbinati alla prima divisa, furono indossati per differenziarsi da quelli bianchi degli avversari.

Dopo anni di delusioni arrivano due tra le più belle pagine della storia azzurra: il titolo europeo conquistato in casa nel 1968 e il secondo posto nel Mondiale in Messico nel 1970, impreziosito dall’epica semifinale Italia-Germania 4-3.

La maglia era assolutamente minimalista nel suo azzurro intenso abbinato al colletto girocollo e allo scudetto tricolore cucito sul petto. Probabilmente assieme a quella del 1982 è la casacca più stampata nell’immaginario collettivo come rappresentativa della nazionale italiana.

L’arrivo degli sponsor tecnici e il trionfo spagnolo

Dal 1974 si entra nell’era moderna delle sponsorizzazioni tecniche. A dire il vero per l’Italia si tratta di un passaggio molto graduale, che vedrà le maglie azzurre inviolate dai loghi dei marchi fino al 1999. Il primo fornitore ufficiale della nazionale italiana fu Adidas dal 1974 al 1978.

Maglie sostanzialmente invariate rispetto agli anni precedenti. Nè il fiore, nè le tre strisce comparvero mai sulle maglie. L’unico indizio riscontrabile di tale rapporto lo vediamo nei calzettoni: azzurri con le tre strisce bianche sul risvolto.

Maglia Italia 1974 adidas
L’Italia nel 1974 con la divisa adidas

Per i mondiali del 1978 l’unica novità è rappresentata dal design dei numeri che non sono pieni: un tocco moderno alla tradizionalissima maglia girocollo. L’avventura azzurra si chiude alle soglie della finale e chiude al 4° posto dopo le sconfitte contro Olanda e Brasile.

Nel 1979 subentra Le Coq Sportif che non apporta modifiche alla maglia che l’Italia indossa agli Europei del 1980. Poco tempo dopo nasce la leggendaria maglia che vedrà gli azzurri alzare la Coppa del Mondo nel 1982 in Spagna. Cambia il colletto che diventa a polo, e per la prima volta compaiono delle rifiniture tricolori sul colletto e sul bordo manica che saranno una constante fino al mondiale del 1990 e di cui si sente ancora la mancanza. Leggera modifica anche per lo scudetto, con l’aggiunta della sigla FIGC nel bianco del tricolore.

L'Italia ai Mondiali del 1982
La formazione dell’Italia ai Mondiali ’82

Dopo la conquista del terzo titolo mondiale le maglie restano invariate, ma vengono aggiunte per la prima volta le tre stelle nella parte alta dello scudetto, dove solitamente trovava posto la scritta Italia.

Terminata la partnership con i francesi, gli azzurri, in cerca di un nuovo sponsor tecnico, giocano tre amichevoli con maglie firmate Ennerre, famosissima azienda che negli anni ’80 e ’90 vestì molte squadre italiane. Il modello è uguale al precedente a manica lunga, cambiano solo i numeri in panno cuciti.

La maglia azzurra parla italiano con Diadora

Doppio cambiamento nel 1985, lo sponsor tecnico diventa Diadora e un nuovo stemma tondo sostituisce il tradizionale scudetto tricolore. All’interno trovano spazio le tre stelle dorate su campo azzurro nella parte sinistra.

Le maglie cambiano nel materiale, dalla lanetta degli anni precedenti si passa a un tessuto acetato e lucido. È l’unica variazione di rilievo, per il resto colletto e rifiniture tricolori restano invariate rispetto alle maglie del 1982. Dai mondiali del Messico del 1986 alle notti magiche di Italia ’90 le casacche non cambiano.

Nel 1991 altra svolta. Cambia nuovamente lo stemma della Federcalcio e di conseguenza della nazionale. Da tondo diventa una sorta di I stilizzata con tanto di grande puntino azzurro in alto a sinistra. Nella parte alta trovano posto le tre stelle su campo azzurro. Al centro su campo bianco la denominazione completa della FIGC e in basso il tricolore, ridotto ai minimi termini dai tempi dell’abbandono dello scudo Sabaudo. Un logo discutibile, che però sulla maglia azzurra aveva comunque un certo fascino.

Maglia Italia 1991 nuovo logo FIGC

La divisa azzurra cambia assieme al nuovo scudetto. In particolare le rifiniture tricolori di colletto e bordo manica non sono più lineari, ma a triangolini.

Per i mondiali del 1994 la base della maglia resta la stessa, il tocco in più è dato dal tessuto nel quale è serigrafato il logo della Federcalcio. La corsa degli azzurri nel mondiale americano si ferma a 11 metri dal traguardo, in finale contro il Brasile.

Dal 1995 al 2003 insieme a Nike e Kappa

Nel 1995 inizia il rapporto con Nike.

L’azienda americana si presenta con una maglia dall’inedito colletto bianco, e con uno sfondo ancora più vistoso di quella che l’ha preceduto: una fantasia a zig-zag e un grande stemma centrale che riproduce un tricolore con tre stelle e una scritta riportante gli anni dei tre titoli mondiali vinti. Per la prima volta si affaccia l’oro nelle rifiniture. Bellissimo il bordino tricolore delle maniche.

Innovativa anche la maglia per gli Europei del 1996 in Inghilterra. Non c’è più il disegno nel tessuto e spariscono le finiture tricolori. Quelle del colletto, dei bordo manica, dei calzoncini e dei calzettoni diventano bianco e bronzo. Un particolare che fece molto discutere: la scritta ITALIA, sul retro della maglia all’altezza del fondoschiena.

Con questa casacca, dopo la delusione degli Europei, la nazionale sbanca Wembley grazie al gol di Gianfranco Zola nel match valevole per le qualificazioni al Mondiale del 1998, che vede inoltre l’esordio di Fabio Cannavaro in una partita ufficiale con la maglia azzurra.

L’ultima maglia realizzata da Nike per la nazionale è quella di Francia ’98, per me la più anonima. Materiale lucido, vestibilità abbondante, colletto a polo dalla forma indefinibile. Unica particolarità una linea bianca lungo i fianchi e sotto le maniche.

Nel 1999 il nuovo fornitore diventa l’italiana Kappa. E soprattutto finisce un’era: per la prima volta nella storia viene permesso allo sponsor tecnico di apporre il proprio logo sulle maglie azzurre.

Il primo modello proposto per le qualificazioni all’Europeo del 2000 è molto semplice e retrò, con una tonalità d’azzurro simile a quella anni ’70. Sul petto torna lo scudetto tricolore introdotto negli anni ’50. Esistono varie versioni di questa maglia. Come anticipato parlando delle divise del 1966, la maglia a maniche corte ha il colletto a V, quella a maniche lunghe è a girocollo.

Un’altra variante è rappresentata dalle tre stelle che in alcune occasioni figuravano sulla manica destra, altre volte sul cuore sopra lo scudetto.

Nel 2000 per l’Europeo in Belgio-Olanda la divisa della nazionale è la prima della nuova linea Kombat della Kappa. Una maglia rivoluzionaria nei materiali e nella vestibilità molto aderente. La tonalità dell’azzurro diventa più chiara. Sul petto rimane lo scudetto tricolore e le tre stelle restano stabilmente sulla manica destra.

Il petto torna di nuovo libero dal logo della Kappa, che viene relegato alle maniche: scelta felicissima.

Due anni dopo, per i Mondiali di Corea e Giappone, la maglia cambia di pochissimo. Vengono modificati colletto e cuciture, il tessuto è leggermente più aderente e la tonalità dell’azzurro poco più chiara. Cambiano anche i numeri, più “magri” rispetto ai precedenti.

È stata l’ultima maglia della nazionale indossata dal capitano Paolo Maldini, che ha dato l’addio dopo la discussa sconfitta negli ottavi di finale contro la Corea del Sud.

La partnership con Puma e il quarto titolo mondiale

Nel 2003 subentra la tedesca Puma, che sarà fornitore tecnico degli azzurri almeno fino al 2022. Il primo modello proposto  per le qualificazioni agli Europei del 2004 è praticamente la versione azzurra della contemporanea maglia della Lazio (2002-2003) con il caratteristico intaglio sulla parte destra del colletto.

Il logo dello sponsor tecnico va su petto e maniche. Le tre stelle restano sul braccio destro, e per la prima volta compare lo stemma tricolore anche sui pantaloncini e sui calzettoni.  Altra novità e unica esclusiva per un modello di maglia utilizzata da innumerevoli squadre Puma, sono i numeri dal design aggressivo e bicolore: bianchi i bordi, oro al centro.

Per gli Europei del 2004 l’Italia è l’unica squadra Puma a ricevere un trattamento esclusivo, con un modello unico, estremamente semplice e con varie novità. Scudetto al centro per la prima volta nella storia e logo Puma dorato più in basso. Nuovo look per il tricolore: il bordino dorato diventa più spesso. Le tre stelle tornano sul petto sopra lo scudetto. Numeri dorati, semplici ed eleganti.

Nel 2006 arriva la maglia più rivoluzionaria e discutibile di questi 100 anni di azzurro.

Criticatissima per la presenza di sfumature blu navy ai lati del petto che davano un effetto “macchia di sudore”, ma che resterà per sempre nei cuori dei tifosi italiani grazie alla conquista del titolo mondiale in Germania. Proprio questi inserti differenziavano la maglia dell’Italia da quelle di tutte le altre squadre Puma della stagione 2006-2007.

Mantenuto lo scudetto al centro con logo Puma più in basso e i numeri dorati ma con font non più esclusivo. Altra piccola differenza dalle altre maglie prodotte dall’azienda tedesca è costituita dal posizionamento dei loghi Puma secondari: per la maglia dell’ Italia uno sulla manica sinistra, l’altro sulla spalla destra, mentre le altre squadre li avevano entrambi sulle spalle.

In più cambia nuovamente lo scudetto: sulla base del tricolore tradizionale ma con una forma più squadrata, con il bianco, il rosso e il verde separati da inserti azzurri e le tre stelle che tornano ad essere integrate nello stemma assieme ad un inedito piccolo logo della FIGC posizionato sul bianco. Proprio da Germania 2006, la nazionale inizia ad utilizzare sempre più spesso l’abbinamento maglia, calzoncini e calzettoni azzurri.

Subito dopo la conquista del titolo mondiale la divisa rimane immutata. Solo lo scudetto deve subire un piacevole aggiornamento per l’aggiunta della quarta stella. Peccato che con l’occasione il logo circolare della scritta FIGC raddoppia di dimensioni e diviene protagonista al centro del tricolore.

Per Euro 2008 si torna alla semplicità: maglia tutta azzurra, con colletto a V e bordi color oro. Modello non esclusivo, utilizzato da tutte le nazionali e da praticamente tutti i club Puma nella stagione 2008-2009. Lo scudetto torna sul cuore. Tre loghi Puma: uno sul petto e due sulle spalle. I numeri sono bianchi, con un font dai bordi a pallini. Tessuto a retina a due strati. Dopo i mediocri Europei terminati con la sconfitta ai rigori contro la Spagna ai quarti, viene introdotto il FIFA World Champions Badge, che esordisce sulla maglia azzurra due anni dopo la conquista del titolo a Berlino. E’ applicato al centro del petto.

Nel 2009 per la Confederation Cup arriva una maglia celebrativa, dal colore ispirato alle prime maglie azzurre della nazionale, in particolare a quelle del 1934, 1936 e 1938, anni delle prime grandi vittorie dell’Italia. Casacche di azzurro “pallido” alle quali vengono abbinati calzoncini e calzettoni marroni. Scelta un po’ controversa, dato che in origine i calzoncini erano bianchi e i calzettoni neri.  L’utilizzo del marrone  è stato motivato con ragioni estetiche, anche se probabilmente ha influito il timore che l’utilizzo del nero potesse creare imbarazzi per riferimenti politici che in effetti erano presenti nelle divise degli anni ’30. Iniziativa apprezzabile, anche se personalmente ritengo che sarebbe stata più efficace la riproposizione integrale della divisa anni ’30: maglia celeste, calzoncini bianchi e calzettoni neri. Sulla maglia scudetto di dimensioni quasi raddoppiate rispetto al solito, e sfondo con la scritta ITALIA ripetuta in diagonale, alternata alle quattro stelle.

Finita la fallimentare Confederation Cup del 2009, si torna alla maglia azzurra che la precedeva, fino agli ancora più disastrosi Mondiali del 2010.

Per Sudafrica 2010 Puma riserva agli azzurri un template unico almeno fra le nazionali. Maglia azzurra con delle linee ondulate bianche lungo le spalle. Vestibilità aderente e trama della maglia che ricorda un’armatura, per dare un’idea di forza e di potenza. Tornano le rifiniture tricolori: il colletto ha i bordini divisi in tre parti, una verde, una bianca e una rossa. Particolare anche la forma che ricorda una stella, presentata come auspicio per l’ Italia di conquistare sul campo la quinta da stella da cucirsi sul petto. Peccato che a parte le africane, tutte le altre squadre Puma avevano il colletto con la stessa forma. Numeri  bianchi e ancora calzoncini prevalentemente utilizzati in versione azzurra. Dopo l’indegno mondiale dalla maglia viene eliminata la toppa di Campioni del Mondo che per i prossimi quattro anni campeggerà sulle divise della Spagna.

Dal 2012 al giorno d’oggi sempre con Puma

Una rapida carrellata di tutte le maglie azzurre disegnate da Puma dal 2012 al 2020, nell’attesa di un approfondimento su ognuna.

Gli spunti di riflessione su questi 110 anni in azzurro sono davvero tanti. Nel commentare questo articolo vi chiediamo di rispondere a una o più di queste domande:

  1. Qual è la maglia che preferite e quella che vi è piaciuta meno?
  2. Stesso discorso per gli scudetti che si sono succeduti, quale secondo voi il migliore?
  3. Il vostro sponsor tecnico preferito tra quelli visti sinora e quello che vorreste per il futuro
  4. Le quattro stelle: giusto includerle nello scudetto o meglio inserirle all’esterno per dargli maggiore visibilità?
  5. Capitolo calzoncini: meglio bianchi o azzurri?
  6. Le rifiniture: tricolori, bianche, dorate o altro?
  7. Avete nostalgia dell’assenza del logo dello sponsor tecnico sulla divisa?

Dite la vostra!

Photocredit: maglieinrete.it – classicfootballshirts.co.uk – asromashirt.it – nazionaleitalianacalcio.it – gianfrancoronchi.net